Una questione di lingua

La conoscenza dell’italiano è la chiave per partecipare più compiutamente alla vita della comunità. A Perugia esistono tre corsi che vi abbiamo voluto raccontare

È mercoledì mattina. Sul tavolo alcuni libri di lingua italiana per stranieri: una raccolta di attività didattiche originali e divertenti per lo sviluppo della competenza orale; un corso specificatamente pensato per migranti adulti, strutturato in moduli di apprendimento che rispondono al bisogno di potersi districare tra i meandri della quotidianità e della burocrazia italiane; e poi ‘quello giallo’, il mio preferito da quando ho cominciato a dedicarmi all’insegnamento dell’italiano a stranieri, una grammatica pratica intuitiva fatta di schemi, esercizi e giochi. Li sfoglio pensando alla lezione da proporre questo pomeriggio al Café Timbuktu ai miei dieci-quindici studenti del Mali, Burkina Faso, Camerun, Perù, Marocco, Tunisia, Afghanistan. Donne e uomini, dai venti ai sessantacinque anni, che da inizio ottobre ogni settimana arrivano da zone più o meno lontane della città per partecipare a questa iniziativa promossa dall’associazione Timbuktu nell’ambito di ‘Fiorivanoleviole&friends’, progetto finanziato dalla Regione Umbria con risorse statali del Ministero del lavoro e delle Politiche sociali. Sono mamme e casalinghe, richiedenti asilo inseriti in progetti di accoglienza, nonne di bambini nati in Italia che hanno conosciuto solo qualche mese fa. Tra di loro c’è chi, qua a Perugia, studia all’Università per Stranieri, e chi invece a scuola non c’è mai andato. Riuscire a progettare un corso di lingua che rispecchi, e rispetti, il background educativo, linguistico e culturale, oltre che i bisogni di apprendimento, di un’utenza così variegata è tutt’altro che facile. La frequenza è per molti discontinua, gli strumenti didattici talvolta obsoleti: elementi di criticità che possono rendere più imperfetta la didattica, non di certo l’atmosfera che si crea. Intima, aggregante, inclusiva. Su questo punto Giorgia, Angela, Alessia ed io, che ci siamo incontrate per confrontarci e raccontarci le nostre esperienze nell’insegnamento dell’italiano, siamo totalmente d’accordo.

Giorgia Gabbolini e Angela Scerra sono attive rispettivamente per le associazioni Perugia Solidale, nata nell’aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza economica e sociale esasperata dal Covid-19, e Fuori di Zucca, che dal 2017 si occupa nel territorio perugino di sovranità alimentare; le due associazioni operano all’interno di Cult, un “luogo rigenerato”, proprio sotto il maestoso palazzo dell’Università per Stranieri, che dal 2017 ospita attività e laboratori nati dalla collaborazione di tanti soggetti della rete perugina. Tra questi appunto, dallo scorso marzo, un corso di lingua italiana. Alessia Pauselli è, invece, la referente della Scuola di Italiano per le Donne attivata da Arca di Noé, cooperativa sociale nata nel 2001 a Bologna, che a Perugia porta avanti da circa tre anni attività di insegnamento dell’italiano e inserimento lavorativo per donne migranti e italiane. Le attività della Scuola sono partite a metà ottobre, con un corso di livello A1 che coinvolge circa venti donne affiancato da un servizio educativo di supporto per i figli delle studentesse.

Tre corsi di italiano gratuiti, dall’acropoli al semi-centro, nati in risposta a un’evidente carenza strutturale: ad oggi, infatti, il Cpia (Centro Provinciale di Istruzione per Adulti) di Perugia non riesce, con i servizi che offre, a coprire in maniera completa ed efficace la richiesta del territorio. “Al netto del fatto che il Cpia è in difficoltà, il problema è che è molto territorializzato”, riflette Pauselli, e spiega: “Le uniche sedi su Perugia, per quanto riguarda l’italiano a stranieri, si trovano attualmente a Ponte San Giovanni o presso la scuola Capitini, tutte le altre zone non sono servite. Bisognerebbe capire come spingere l’offerta del Cpia, perché sia più forte e capillare”.

Nel frattempo, i bisogni si manifestano in forme diverse ma ugualmente urgenti, e smuovono le forze di chi, dal basso, riesce a non rimanere indifferente. Giorgia Gabbolini ci racconta la loro storia: “Sia come Fuori di Zucca che come Perugia Solidale gestiamo, da Cult, dei gruppi di acquisto che forniscono cassette solidali alle persone o famiglie in situazioni di indigenza: durante le distribuzioni”, spiega, “ci è capitato di conoscere una fetta di utenza in grave difficoltà, e ci siamo resi conto che oltre alle problematiche economiche c’erano, spesso, anche quelle legate alla lingua. Sia io che Angela, entrambe con una formazione nell’insegnamento dell’italiano a stranieri, abbiamo deciso di metterci a disposizione in questo senso.” Nasce quindi il corso di italiano di Cult, il cui grande punto di forza è proprio quello di svolgersi all’interno di uno spazio gestito da diverse associazioni. “Questo ci permette di non limitarci all’insegnamento della lingua, ma di offrire un’opportunità di inserimento all’interno di questo tessuto sociale”, racconta Scerra, “un arricchimento reciproco, sia per le associazioni che per gli utenti. Un piccolo circolo virtuoso, con gli studenti che poco a poco sono diventati partecipi alle nostre attività”. Il corso è partito con un unico gruppo che si è poi, da settembre di quest’anno, sdoppiato su due livelli, uno base e uno intermedio. Le lezioni, spiega Gabbolini, sono tenute da docenti volontarie: “Alcune, magari anche con una formazione specifica, sono insegnanti precarie. In cambio del servizio che offrono ricevono una cassetta solidale con i prodotti del nostro gruppo di acquisto: non una remunerazione monetaria, ma un circolo che, dal basso, riesce a rispondere a più bisogni”, conclude, rivolgendo ad aspiranti volontari e apprendenti un messaggio: “La porta del nostro corso è sempre aperta, l’appuntamento è ogni martedì pomeriggio dalle 17 alle 18.30”.

Al Casale del Parco della Pescaia le lezioni della Scuola di Italiano per le Donne si fanno invece di mattina, il mercoledì e il venerdì. Oltre all’insegnamento, Arca di Noè propone un servizio educativo progettato allo scopo di facilitare quelle donne con bambini in età da nido ma che, per scelta o mancanza di posti, non sono ancora inseriti. “La sfida più importante è data proprio dalla necessità di conciliare scuola e servizio educativo: ci è capitato di passare un’intera lezione”, racconta Pauselli, “a supportare l’educatrice nella gestione di un bimbo che piangeva tantissimo. Chiaramente non siamo ancora un servizio strutturato, ed è difficile, con bambini così piccoli, lavorare sul distacco dalla figura materna una o due volte a settimana, e per di più in un’altra lingua. Ma ci abbiamo tenuto tutte a tranquillizzare la mamma, spiegandole che era importante che continuasse a frequentare.” Le iscritte al corso hanno dai diciotto ai settanta anni e vengono da Nigeria, Kenya, Pakistan, Sud America, Marocco, Tunisia, rispecchiando la composizione sociale del quartiere; diverse, racconta la referente, hanno livelli di scolarizzazione molto alti nel paese di origine. Attualmente la cooperativa sta lavorando per rendere la Scuola un servizio stabile, attraverso l’accesso a diverse fonti di finanziamento, in modo da consentire la realizzazione di percorsi più strutturati ed efficaci e la creazione di un migliore contesto di apprendimento per le donne migranti del territorio. “Se l’apprendimento della lingua è un tassello fondamentale per attivare percorsi di autonomia”, conclude Pauselli, “lo è ancora di più per le donne con carichi di cura, al fine di consentire loro di uscire da situazioni di isolamento e mancanza di reti sociali di supporto”.