RabbitFest. Mondi animati dal futuro incerto
Perugia rischia di perdere la sua festa del cinema d’animazione. Ecco perchéÈ una storia semplice quella del RabbitFest, come molte altre realtà culturali è nato dal basso, dall’entusiasmo e dalle idee di un paio di persone che ne hanno poi coinvolte altre: pochi mezzi, poche persone, ognuna con le proprie competenze ma con lo stesso desiderio di far conoscere il mondo dell’animazione, e per chi si è fermato a Walt Disney il cinema d’animazione può essere una vera sorpresa: horror, dramma, commedia, splatter, pulp, l’animazione ha la possibilità di toccare tutte le corde dell’essere umano, anche le più stridule, entrando nei territori del magico e del surreale.
Se l’animazione ha pochi limiti la costruzione di un festival è, al contrario, molto più complessa, è una corsa tra le tempistiche, i budget da stilare, le riunioni per decidere e anche per ridere un po’ delle difficoltà, le scadenze, la ricerca degli sponsor, la velocità nel digerire i no perché bisogna trovare altre soluzioni, le notti a guardare i millecinquecento corti arrivati per il concorso, fino al risultato finale che dopo mesi di lavoro ripaga con un pubblico di quasi ottocento persone a serata.
Nell’arco di cinque anni il festival è passato dai due ai sei giorni di programmazione, ha creato un concorso internazionale per cortometraggi, ha moltiplicato le sue possibilità con il RabbitKids e il RabbitOff, una sezione tutta rivolta al digitale, ha incontrato animatori e illustratori come Virginia Mori e Marco Cazzato e instaurato rapporti con altri festival internazionali.
Ma come molte realtà culturali italiane, anche il RabbitFest ha un futuro incerto.
Un festival deve puntare a crescere anno dopo anno e l’aiuto dei soli sponsor non può più garantire questa crescita, ecco perché non è stato possibile organizzare la sesta edizione ai Giardini del Frontone e risulta difficile organizzarne una in inverno. I luoghi adatti a più di seicento spettatori sono pochi e tutti legati a una serie di problematiche. Senza supporto, senza finanziamenti, senza gli spazi adatti ad accogliere non solo proiezioni, ma anche mostre di illustratori, workshop e incontri con gli animatori, come può crescere un progetto che sulla carta è uno dei pochi festival di animazione d’autore in Italia? La cura e la passione per quello che si fa sono intatte, bisogna solo chiedersi se davvero possono bastare.
Testo di Francesca Chiappalone