Orti di città
L'Università ci mette spazi e idee, i residenti energie e entusiasmo. Ecco come la terra incolta di San Pietro riprende vita grazie al Green Team e a Borgo BelloPerugia, la città vecchia, comincia proprio qui, s’allunga in piana per quasi un chilometro fino a Sant’Ercolano e poi si increspa fino al Sopramuro. È il Borgo Bello, dove il tessuto sociale negli ultimi anni ha cominciato a mescolarsi bene e a rigenerarsi, e questi orti urbani sembrano una sorta di allegoria del processo virtuoso da cui è stato investito. I vecchi residenti dell’associazione Borgo Bello, gli studenti di Agraria e i giovani americani dell’Umbria Institute, tutti presi nella realizzazione di questi orti urbani a ridosso dei luoghi che nei secoli hanno visto l’arte delle erbe e delle coltivazioni tramandarsi tra monaci e accademici. Una storia cominciata in via Fiorenzuola un paio d’anni fa, e che da qualche tempo, in attesa di una nuova operazione di arrembanti piantumazioni in via del Cortone, ha preso piede con vigore proprio qui, tra le mura dell’università.
Quella del professor David Grohmann e dei tecnici Massimo Pilli e Francesco Prosperi, si diceva, tutto sommato è un’idea semplice, come è semplice, sempre, pensare di rimettere in sesto spazi inutilizzati di qualsiasi genere. Qui si trattava di serre e qualche centinaio di metri quadrati di terra incolta, da affidare alle mani e ai pensieri di una sessantina tra docenti, tecnici, studenti e abitanti del quartiere. Un progetto a doppio binario, almeno formalmente. Da una parte c’è il Green Team costituito da Grohmann all’università, e che dopo i primi mesi di rodaggio da settembre è diventato un vero e proprio percorso trasversale per studenti di ogni anno di corso, con tanto di accreditamento. Dall’altra ci sono le donne e gli uomini dell’associazione Borgo Bello, coordinati da Gianluca Millucci. A marzo hanno cominciato a lavorare insieme nelle vecchie serre dismesse e nei pezzi di terra aderenti alla cinta muraria che dà su Borgo XX Giugno. Una piccola landa desolata che oggi è una sorta di piazza rurale dove si incontrano persone di estrazioni e vocazioni differenti.
“Questa è pura campagna, dopotutto”, dice Grohmann facendo girare lo sguardo tutto intorno. E ha ragione. Stretto tra i due campanili di San Domenico e San Pietro, questo luogo dimentica senza fatica i fumi e i rumori della città che si dipanano poco più in là. La città, però, in qualche modo adesso gli sta entrando dentro. Lo fa attraverso la gente che vive nella dorsale di Corso Cavour e Borgo XX Giugno. L’appuntamento fisso è il venerdì pomeriggio, il mercoledì invece ci si vede a intermittenza. Ma chiunque lo voglia può accedere a quest’area in ogni momento del giorno e della settimana, esclusi il sabato e la domenica. Si prendono cura delle piantine nelle serre, preparano la terra ad accoglierne la crescita, pensano all’acqua, alle infestanti, a tutto. E poi, quando è ora, si portano a casa i frutti del loro lavoro. “Non abbiamo voluto stabilire regole”, spiega Grohmann. “Anche se di solito gli orti urbani finiscono sempre per sbattere contro la logica dell’‘io coltivo-tu mangi’. Qui non funziona così. Meloni, pomodori, verdure: quest’estate per spartirseli è bastato il buon senso”.
Le donne, anche gli uomini ma soprattutto le donne, di Borgo Bello portano entusiasmo ed esperienza. “Molte di loro hanno un bagaglio prezioso che viene da lontano”. E per di più qui si procede tutti sullo stesso piano, sono tutti alla pari. “Io posso dare qualche indicazione, ma non sono il professore che comanda. Anche perché all’università io insegno Progettazione di aree verdi. Dirò di più: nessuno, tra la decina di docenti e tecnici della facoltà di Agraria coinvolti nel Green Team, ha competenze e incarichi accademici specifici relativi all’orticoltura”.
Nel progetto ci sono anche due sotto-progetti dedicati alle scuole. Uno con la scuola dell’infanzia di San Costanzo, poco più giù, e un altro con una quarta elementare della XX Giugno. “La loro aula dà proprio sugli orti”, dice Grohmann indicando una delle finestre dell’istituto, al di là della strada. “Ogni mattina, affacciandosi, possono dare un’occhiata da lontano ai loro due cassoni. E poi, ogni due settimane, vengono qua a toccare con mano”.
E un risultato eccellente, quest’iniziativa, l’ha ottenuto anche nell’ambito della vita di facoltà. Ad Agraria lavorano quasi duecento persone, molte delle quali non si conoscono nemmeno. Da quando si è costituito il Green Team qualcosa è cambiato. Parecchia gente ha cominciato a interessarsi, a collaborare, a stringere rapporti. Stanno nascendo amicizie e nuove idee. “La mattina alle otto ci ritroviamo qui senza dirci nulla, ormai ci viene spontaneo. La mia qualità della vita, di sicuro, è aumentata notevolmente. E anche quella di molti altri, credo”. Il posto d’altronde, sembra davvero un’oasi. La forza serena delle piante che crescono e impongono i loro colori e i loro odori noncuranti di tutto ciò che gli ronza intorno, anche dei colpi sparati senza requie al tiro a segno là dietro, anche dei rombi dei suv dei genitori impazienti all’uscita di scuola, impressiona. Ma quanto potrà durare, tutto ciò? “A lungo”, risponde senza dubbi Grohmann. “Per ora non ci sono soldi, siamo in una fase di assestamento e ci sta. Ma il valore del progetto è indubbio, fa stare bene molta gente. Può tranquillamente andare avanti con le nostre energie e risorse, quelle degli studenti e dei residenti del quartiere. Ma credo che il sostegno delle istituzioni, anche dell’amministrazione, prima o poi dovrà e potrà arrivare. Stiamo valorizzando uno spazio splendido e prezioso per i perugini e per i visitatori. E andrà sempre meglio”.
Testo di Giovanni Dozzini
Foto di Alessandro Corgna, Diana De Luca e David Grohmann