Si trova in via Cicioni, a Ponte della Pietra, l’accesso allo spazio vivace che ospita una rete ampia di realtà associative, tra cui Felicittà, Adra, Centro Professione Ritmo e Fiadda. Sebbene Felicittà sia nata nel 2017, l’associazione è diventata operativa solo nel 2020. “Quando ce n’era più bisogno”, sostiene Antonello Chianella, il suo presidente, residente da sempre nel quartiere, che annuncia che presto verranno assegnate anche le prime schede dei ‘felicittadini’.
Il centro presenta diverse aule di co-working, arredate per un uso molteplice da parte della comunità: la sala riunioni, dotata di sedie e proiettore, predisposta non solo per conferenze ma anche per le riunioni dei condomini circostanti, e tre postazioni di lavoro con computer e accesso a connessione veloce. Queste ultime, racconta Antonello, sono state utilizzate parecchio dalle famiglie della zona durante il primo lockdown, prima dell’arrivo dei finanziamenti che hanno fornito dispositivi tecnologici agli studenti meno abbienti.
I progetti di Felicittà si irradiano in una serie di connessioni con altre organizzazioni, tra cui le stesse che hanno sede in via Cicioni: “La nostra attività più importante è la raccolta e distribuzione alimentare, che noi attuiamo insieme ad Adra, l’Agenzia Avventista per lo Sviluppo e il Soccorso legata alla Chiesa Avventista di San Sisto. Attraverso le campagne promozionali avviate nel quartiere, il rilascio di volantini e la collaborazione con le aziende del territorio abbiamo pian piano riempito la nostra dispensa. Chi vuole può venire qui in ogni momento, per una donazione. Abbiamo perfino ricevuto 600 kg di parmigiano da una cooperativa!”. Antonello mostra la grande stanza destinata alla raccolta, dove campeggiano un frigorifero e scaffali colmi di barattoli, lattine, cartoni di ogni tipo e colore: “Grazie alle donazioni raggiungiamo circa 180 persone bisognose il mercoledì e giovedì di ogni settimana. I beneficiari sono iscritti alla Caritas o a Adra: tendenzialmente si svolge una verifica dell’Isee, ma non sempre. Spesso sono le terze persone a segnalare che qualcun altro ha bisogno, perché molti sono restii a chiedere aiuto. E noi non abbiamo di certo bisogno delle generalità, in questi casi”.
La trama della rete però si allarga anche online, nelle iniziative promosse durante la quarantena per fare sociale nell’unico modo allora possibile: “A maggio, insieme alla Croce Bianca e alla Fondazione Vita e Salute abbiamo predisposto due incontri con due medici, un infettivologo e un chirurgo digestivo, su stili di vita da sostenere in tempi di pandemia. Volevamo fornire una guida utile alla comunità sui miti e le realtà, le verità scientifiche e le fake news connesse al virus”.
Altri tre incontri, svolti ad aprile insieme all’associazione MiglioriAmo e alla Croce Bianca, sono stati rivolti a insegnanti, famiglie e giovani su Tik Tok e su alcune concezioni sbagliate di questo social: “Ormai dovremmo aver capito che l’uso di questi strumenti è impossibile da sopprimere, e che bisogna apprendere come approcciarli in maniera responsabile e consapevole. Considera quanto è importante la nostra condivisione delle videoconferenze sulla nostra pagina Facebook: permette che nel tempo più persone accedano a queste informazioni. I social sono parte della nostra vita”.
La visita al centro di via Cicioni si conclude con la spiegazione di Antonello delle varie fotografie che tappezzano le sue pareti, su cui, in una vecchia Umbria in bianco e nero, lampeggiano macchie di bianco, rosso e verde: stabilimenti di tabacchifici e acciaierie, lavoratori e operai con gli striscioni in marcia, eugubini vestiti per la corsa dei ceri a New Orleans. Non solo il centro di Perugia, insomma, ma le sue storie laterali: “Io che abito da sempre Ponte della Pietra so quali sono le criticità e le urgenze di quest’area. È una zona tra il residenziale, il commerciale e l’artigianato: non mancano il traffico e l’inquinamento, è evidente l’assenza di luoghi-raduno per la comunità e lo stato manutentivo delle aree verdi. Noi lavoriamo per la salute pubblica di questo posto, affinché si costruisca qualcosa insieme, i progetti diventino dominio di tutti gli abitanti e, una volta abbassate le saracinesche dei negozi, ci sia ancora vita nel quartiere”.