La realtà che ci sorprende
L’edizione 2015 del PerSo è prima di tutto un esperimento di integrazione. Sempre più riccoDopo l’esperimento ben riuscito dell’anno scorso e la recente collaborazione con il Festival Internazionale del Giornalismo, il Perugia Social Film Festival insiste con la scommessa di fare di Perugia il punto di approdo del cinema sociale e del documentario di narrazione. La sorprendente risposta dei tanti registi che da ogni parte del mondo hanno partecipato al bando di concorso indetto l’ottobre scorso, inviando circa trecento opere da selezionare, e la buona partecipazione dei cittadini coinvolti anche nell’avventura del comitato di selezione, rendono l’edizione 2015 del PerSo un interessante nodo tra locale e internazionale.
Un doppio sguardo che emerge poi dalle cinque sezioni del concorso, tra cui troviamo un apposito premio dedicato all’Umbria assegnato da una giuria molto particolare composta da cinque rifugiati politici messa in piedi con la collaborazione dell’Arci. Questa, insieme all’altra composta da sette detenuti della Casa Circondariale di Perugia-Capanne cui toccherà giudicare in parte i cortometraggi, costituisce «un vero e proprio esperimento sociale», come tiene a precisare il direttore organizzativo Marco Casodi. Per entrambe le giurie sono stati previsti degli appositi momenti di formazione, per la prima in via della Viola e per la seconda all’interno del carcere, dove poi, durante la manifestazione, andranno anche i registi stessi a presentare i propri lavori.
Accanto a queste troviamo la giuria del comitato di selezione, la giuria del pubblico e la giuria ufficiale composta da Roberto Andò, regista siciliano collaboratore tra gli altri di Francesco Rosi, a cui è dedicata la retrospettiva sull’autore di quest’anno, dall’attrice e regista Valentina Carnelutti, e da Piergiorgio Giacchè, antropologo del cinema e del teatro. Un totale di cinque giurie per un panorama sfaccettato e sorprendente: dal Messico alla Polonia per quanto riguarda le provenienze; dai quartieri di Napoli alle case popolari di Tijuana, dai cioccolatieri di Modica ai veleni di Taranto, passando per la lotta delle donne africane contro le malattie neonatali e il racconto del fragile mondo della vecchiaia, per quanto riguarda le tematiche.
Con oltre cento proiezioni nelle quattro sale del centro storico rigorosamente a ingresso gratuito, tre convegni, due eventi speciali, oltre novanta ospiti da ogni parte del mondo, approfondimenti tematici ed eventi serali con dj set degli stessi registi, i dieci giorni del Perugia Social Film festival, dal 18 al 27 settembre, saranno molto più di un appuntamento cinematografico.
[aesop_gallery id=”2252″]Sarà piuttosto una foresta fertile di mondi possibili, sempre imprevedibili e spiazzanti; un esperimento di accoglienza e di inclusione; di racconto del reale, quel reale multiforme che brulica di proposte e prospettive nuove, ma che troppo spesso resta periferico, lontano dai riflettori. Quasi fosse una realtà di serie B o, all’opposto, una realtà di nicchia. Ma il PerSo nasce e prosegue con l’idea di amalgamare meglio esperienze tra loro anche molto diverse, spesso troppo isolate, facendole uscire allo scoperto e avvicinandole alla nostra quotidianità, alle nostre personali storie che forse non sono poi così tanto distanti. Un’impostazione che proviene anche dal soggetto promotore, la Fondazione La città del sole, attiva nel campo della salute mentale con progetti innovativi.
Da qui la capacità di creare un legame di continuità con il territorio e con la città, dal tentativo di ridare vita all’Umbria Film Commission alla previsione di appuntamenti distribuiti nel corso dell’anno e di collaborazioni durature, come quella con le associazioni di quartiere del centro storico, con i cinema del centro che mettono a disposizione le proprie sale, con l’Adisu Perugia e i due atenei, anche in vista dell’annunciata istituzione di un centro di documentazione cinematografica promosso dall’Università degli Studi. È inoltre centrale il coinvolgimento delle scuole secondarie con proiezioni dedicate e laboratori. Il PerSo ospiterà poi, come l’anno scorso, il convegno annuale della psichiatria umbra, lanciando la proposta del tutto innovativa di una Fondazione di Comunità.
L’idea è quella di fare rete, di creare una politica culturale duratura: «Un festival non deve essere una specie di astronave che atterra, escono dei marziani e dopo una settimana ripartono», sostiene il direttore artistico Mario Balsamo. E il PerSo, alla faccia del nome, sembra stia andando nella direzione giusta.
Testo di Lavinia Rosi