I modelli di Torino e Milano funzionano. Perugia si prepara a seguirne le orme
I tre incontri conclusivi del percorso formativo “Partecipare alla cura dei Beni Comuni” promosso dalla cooperativa sociale Borgorete in collaborazione con l’associazione Labsus-Laboratorio per la sussidiarietà, a fine settembre, sono stati densi di spunti. Luogo di ritrovo, come per gli appuntamenti di giugno, sempre il cva la Piramide di Madonna Alta, tornato a una funzione pubblica dopo un lungo letargo. Le sue grandi porte spalancate hanno fatto circolare in sala idee e progetti sperimentati in altre città italiane. In particolare il riferimento è stato ad alcune efficaci esperienze milanesi e torinesi, alcune più recenti, altre più consolidate, riguardanti patti di collaborazione, portinerie di comunità e case del quartiere, raccontate in prima persona da Michela Latino (Labsus Milano), Antonio Damasco (direttore della Rete Italiana di Cultura Popolare) ed Erika Mattarella (Rete delle Case del Quartiere di Torino). La rete di Labsus ha messo a disposizione esperti e competenze, in un dialogo aperto e trasversale con i vari partecipanti – membri di associazioni e gruppi informali, cittadini attivi, rappresentanti di istituzioni – portatori di altrettante risorse da condividere. Curiosi e propositivi, si sono messi in discussione anche con delle piccole attività laboratoriali durante le quali sono emerse delle proposte di immaginari Patti di Collaborazione e si sono simulate alcune situazioni tipiche del confronto, che talvolta sfocia in vero e proprio conflitto, tra società civile e amministrazione pubblica, attraverso un coinvolgente e verosimile gioco di ruolo guidato dalla vicepresidente di Labsus, Daniela Ciaffi.
La vera sfida alla quale sono stati invitati i partecipanti a conclusione del ciclo di incontri, però, è stata passare dall’ascolto delle esperienze altrui alla pratica, dalle simulazioni all’azione concreta. Sperimentarsi in percorsi condivisi di cura dei Beni Comuni. Beni come una piazza, un parco, una strada, una scuola, un presidio di comunità. Avviare percorsi di co-responsabilità, capaci di generare energie nuove e in molti casi positivamente contagiose, come sostiene Gregorio Arena, fondatore di Labsus, in un video-messaggio dedicato al corso di Perugia: “L’effetto di rigenerazione non è solo materiale, non riguarda solamente il miglioramento dell’ambiente urbano, ma anche e soprattutto immateriale: le azioni dei cittadini attivi rafforzano i legami comunitari, migliorano il senso di appartenenza a un luogo, producono tutta una serie di beni relazionali”.
Patti + portinerie + case di quartiere = Torino vista da Perugia
Daniela Ciaffi, Antonio Damasco e Erika Mattarella
Guardarsi dall’esterno fa sempre bene: l’invito a partecipare nel percorso di Agenda Urbana Perugia, da torinesi attivi su tre fronti diversi ma sinergici, ci ha fatto riflettere su come provare per la prima volta a presentarci all’esterno come una cosa sola. Guardandoci nella prospettiva perugina, infatti, ancor più naturale ci appare l’integrazione tra i tre dispositivi di partecipazione su cui stiamo lavorando da anni. La Rete delle Case del quartiere è la realtà più consolidata, nata alla fine degli anni Novanta; lo “Spaccio di Cultura – Portineria di comunità” è un progetto di innovazione sociale ideato dalla Rete Italiana di Cultura Popolare (POCM 2014-2020); il Regolamento del Comune di Torino per l’amministrazione condivisa dei beni comuni per la stipula di patti di collaborazione è attivo dal 2015. Già nel progetto Co-city (Urban Innovative Action 2017-2020) le Case del quartiere sono stati luoghi importanti di incubazione, accompagnamento e realizzazione di patti di collaborazione. L’ex edicola di Porta Palazzo, divenuta prima portineria torinese di quartiere, da un anno è anche un patto di collaborazione. Insomma: se le portinerie si basano sulle competenze degli abitanti, le case di quartiere le accolgono, e attraverso i patti di collaborazione si cercano alleanze amiche, non ha forse senso per Perugia ragionare da subito sul fatto che 1 + 1 + 1 può fare molto più di 3?
I Luoghicomuni di Milano
Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà
In quattro diversi quartieri periferici di Milano, da circa tre anni Labsus – Laboratorio per la sussidiarietà, con la collaborazione tecnica di Italia Nostra Onlus – Centro di Forestazione Urbana, porta avanti il progetto Luoghicomuni, nell’ambito del programma di rigenerazione urbana a base culturale Lacittàintorno di Fondazione Cariplo. Obiettivo di Luoghicomuni è quello di ricostruire legami di comunità facilitando la collaborazione civica in attività di cura, gestione e rigenerazione condivisa dei beni comuni urbani, promuovendo i Patti di collaborazione come strumento di innovazione e inclusione sociale nelle periferie. Con questa azione Labsus intende valorizzare, nell’interesse generale, le risorse e le progettualità presenti nei territori attraverso i Patti di collaborazione, per intercettare con più facilità e rapidità le proposte degli abitanti: creare le condizioni grazie alle quali, facendo perno sulle attività di cura condivisa, potranno nascere e svilupparsi alleanze inedite tra soggetti diversi, con in comune il desiderio di vivere in un luogo più bello, più verde e più inclusivo. Ad oggi sono 17 i Patti di collaborazione attivi o in costruzione, per la cura condivisa di altrettanti luoghi della città e con il coinvolgimento di centinaia di singoli abitanti, gruppi informali, piccoli commercianti e soggetti diversi del terzo settore.
La casa di Agenda Urbana. A Madonna Alta
Come passare allora dalla teoria alla pratica? E soprattutto: come modelli di città così diverse tra loro possono essere replicati nel contesto perugino? Per l’architetto Franco Marini, coordinatore del Progetto Periferie e di Agenda Urbana del Comune di Perugia si tratta di “modelli utili se gli si danno le gambe. Gli incontri proposti da Labsus sono stati d’ispirazione, fornendo esempi importanti di come gestire in modo virtuoso dei beni pubblici, capaci di diventare motore di rigenerazione urbana. Sia per quanto riguarda le aree verdi che per quanto riguarda gli immobili e gli spazi riqualificati con il Piano Periferie, che porta con sé un grande interrogativo sulla gestione dei beni comuni. Beni che sono aumentati grazie anche ai vari interventi sul verde pubblico, penso ad esempio al Parco Vittime delle Foibe, dove l’area verde è stata non solo recuperata ma raddoppiata. Agenda Urbana ci dà la possibilità, attraverso una serie di finanziamenti concreti, di mettere in atto un modello gestionale nuovo, funzionante”.
Di fronte alla Piramide, a due passi dai nuovi campetti da basket e da calcio di via Diaz, c’è un edificio giallo, molto spazioso che, come dice Daniela Ciaffi, ha proprio il physique du rôle della Casa del Quartiere. Si tratta dell’ampliamento di un edificio preesistente, del quale si stanno ultimando i lavori, finanziati sempre attraverso il Piano Periferie e per il quale è in cantiere un progetto ambizioso, ispirato alle esperienze torinesi.
“In questo spazio l’esperienza di co-progettazione finanziata da Agenda Urbana troverà una sua applicazione”, prosegue Marini. “Uno spazio immaginato come la Casa di Agenda Urbana. Ovvero un luogo inizialmente co-gestito dai vari referenti di Agenda Urbana, sede delle varie azioni, delle attività, promosse dai tre lotti per poi arrivare a un modello gestionale più duraturo. Nell’ottica di uno spazio aperto, uno spazio di tutti che, secondo me, dovrebbe assomigliare molto a una Casa del Quartiere di Torino. Come ci è stato spiegato, le Case svolgono un ruolo centrale, in termini di servizi ai cittadini, rigenerazione urbana, miglioramento della qualità della vita. Offrendo le più svariate attività: teatro, mostre, attività per bambini, assistenza agli anziani, accoglienza per gli immigrati e molto altro. Si tratta di un progetto virtuoso che va compreso e preso a riferimento per valutarne la replicabilità, la fattibilità sul territorio perugino”.
Gli spazi di cui prendersi cura insieme, amministrazione pubblica e cittadini, non mancano. “Sarebbe interessante coinvolgere tutto il complesso della Piramide”, conclude Marini. “La gestione del futuro spazio di quartiere dovrebbe avvenire in maniera integrata: chi si prende cura della Casa dovrebbe occuparsi anche della manutenzione dello spazio circostante, del verde, della piazza antistante… È una bella sfida!”.