È tutta una questione di fratelli

Il Cinema Carpine di Magione  riapre le sue porte dopo trent’anni

Nel cinema molto spesso è tutta una questione di fratelli. Ci sono i fratelli Lumière, che hanno acceso per la prima volta la magia dello schermo e stordito il pubblico con l’immagine di un treno che sembrava pronto a travolgerlo. I fratelli Coen, maestri di un cinema grottesco e noir, i Dardenne con il loro sguardo crudo e poetico sulla realtà, o i Taviani che dalla vicina Toscana hanno portato le loro storie nel mondo. Non dimentichiamo le sorelle Lana e Lilly Wachowski che hanno fatto di Matrix il cult fantascientifico per eccellenza.

Ma c’è anche un’altra coppia di fratelli, meno conosciuta dalle enciclopedie del cinema, ma quanto mai incisiva nel panorama perugino. Sono Mirco Gatti e suo fratello Mauro che con la società Cinegatti, attività cinematografica indipendente, gestiscono nel centro storico di Perugia il cinema Méliès e, d’estate, il Frontone Cinema, in collaborazione con il Cinema Zenith, altra nota sala della città. È stato Mirco a far scoccare la scintilla di un nuovo progetto a Magione che altri due fratelli, i giovanissimi Edoardo e Lorenzo Santibacci, hanno preso in carico. Fino alla metà degli anni ’90, fra le storiche vie del borgo che dalla collina guarda la sponda orientale del lago Trasimeno, il Cinema Carpine, oggi riaperto dopo trent’anni proprio dalla Cinegatti, è stato punto di riferimento della comunità locale e in ogni cittadino o cittadina, oggi adulti, risiede un ricordo a esso legato.

Il nome con il quale è conosciuto è unito indissolubilmente al territorio. Il Carpine è un albero tipico della zona e in passato Magione si chiamava proprio Pian del Carpine. Un luogo che ha visto nascere fra Giovanni da Pian del Carpine, il francescano che nel XIII secolo raggiunse la corte di Gengis Khan. Con una denominazione del genere la vita della sala non poteva rimanere silente, era destinata a evocare nella mente dello spettatore avventure non dissimili a quelle del francescano nell’impero mongolo. Inoltre, lungo le pareti della sala si possono ammirare i dipinti di Giorgio Lupattelli, artista magionese, che rendono omaggio alla settima arte con scene indimenticabili tratte dalla storia del cinema. Opere realizzate quando la sala era ancora chiusa, quasi a voler mantenere accesa la memoria di un luogo destinato a tornare in vita.

Lorenzo Santibacci, che dietro la nera montatura dei suoi occhiali nasconde occhi avidi di cinema, ha raccontato: “Frequentando il Trasimeno, Mirco si è chiesto se fosse possibile riportare il cinema in zona, magari riutilizzando le attrezzature in disuso del Sant’Angelo di Perugia. L’idea era quella di trovare uno spazio adatto ma la sorte ha fatto di più e ha rivelato un cinema già esistente, pronto per essere riscoperto”. Con l’aiuto delle organizzazioni locali come Arci Magione, Centro anziani Cisa e la Società operaia mutuo soccorso, che avevano continuato a utilizzare la sala come spazio polivalente, lo schermo è stato riacceso.

Non sono stati necessari grandi interventi perché, a differenza di altre sale adattate al grande schermo, questa è nata proprio come cinema. La cabina di proiezione era rimasta esattamente come l’aveva lasciata l’ultimo proiezionista, un piccolo museo di pellicole e ingranaggi in attesa di tornare a vivere. Dopo le consuete messe a punto, la luce del proiettore è tornata a illuminare quel telo bianco che, come una tavolozza, assorbe tutti i colori dell’universo possibile e impossibile. Lorenzo ha spiegato che prima della chiusura l’ultimo film proiettato, la cui pellicola è ancora in ottime condizioni, era un film porno. Infatti, negli anni ’90, con l’avvento della televisione e dei multiplex, molti cinema storici si convertirono al porno per sopravvivere alla crisi.

La riapertura, lo scorso 5 dicembre, è stata affidata a La stanza accanto del regista spagnolo Pedro Almodóvar. La sala, con una capienza di circa settanta posti, ha registrato un buon afflusso, soprattutto durante le festività. La comunità, comprese le scuole a cui sono dedicati alcuni matinée, ha accolto con entusiasmo questa nuova avventura, e Lorenzo ha aggiunto: “C’è chi dice che manchino spazi dedicati allo svago e alla cultura, ma siamo circondati da teatri, circoli e luoghi di incontro che animano il paese”.

Anche Edoardo, il più romantico e poetico dei fratelli, ha voluto sottolineare il valore di questa iniziativa: “Siamo un cinema fuori moda, rappresentativo della monosala, un po’ fuori dagli schemi, fuori dagli schermi, che cerca di salvare zone che avevano bisogno di un centro dove incontrarsi e fare cultura. Quando qualcuno entra al cinema mi dico che ha fatto una scelta ben precisa, uscire di casa, sfidare la scomodità, il freddo, gli imprevisti. Eppure vedo la gente contentissima, perché qui c’è il lato umano. Ed è per questo che avremo successo”. Per Edoardo il Cinema Carpine è anche un atto di resistenza: “Siamo alla saturazione della tecnologia, delle piattaforme digitali, dei contenuti usa e getta. Anche ai multisala manca l’esperienza umana. Questo fuori moda è ciò che l’animo ricerca, è un modo per ritrovare il tempo perduto. Da quando abbiamo aperto il pubblico si sta stabilizzando e la gratitudine delle persone è stata la sorpresa più grande”.

Ma non è solo il cinema a rendere speciale questo angolo di Magione. Il paese ospita un nucleo culturale vivace, c’è la pizzeria Cento Passi, legata al cinema, il bar La Meglio Gioventù, che organizza sempre eventi interessanti, l’associazione Doremilla, che è stata la base del noto cantautore Paolo Benvegnù, e due teatri situati poco sopra la sala. “Tutto è a tema cinema, mancavamo solo noi”, dice Edoardo. Un’assenza colmata con una nuova visione di sala cinematografica, un’idea di cinema che vuole essere più accogliente e umana rispetto ai grandi multisala, un luogo senza l’abbondanza del cibo e delle pubblicità, ma che ricostruisce rapporti a volte spezzati.

Come dice Lorenzo: “È una grande sala diffusa che crea un continuo tra il centro storico di Perugia e le periferie”. Non è nostalgia del passato, ma una nuova prospettiva, un altro modo di stare insieme davanti a uno schermo. E per Edoardo, in fondo, è anche qualcosa di più: “Il cinema, quando è arte, è l’opportunità di risvegliarci dal torpore della nostra impotenza spirituale. È entrare nel buio della nostra vita e liberarci attraverso la luce. Siamo davanti al faticoso accesso verso un tempo nuovo, l’amore e la passione certe volte sono così precisi. Abbiamo bisogno di uno sguardo, di visioni che ci facciano domande”.