Che l'Arte Sia la tua Arma
Josè Araoz e la sua pittura sociale, da Buenos Aires a via della ViolaMentre percorro il dedalo di strade che imboccata via Cartolari mi conduce fino alla bottega di Josè, alcuni esempi della sua arte sono già lì. Appesi ai muri di pietra grigia delle viuzze anguste, fra altre numerose opere pittoriche esposte, mi scortano, mi guidano, e arricchiscono il mio cammino. Sono immerso in una piccola, labirintica galleria d’arte. Quando arrivo al locale situato a un angolo di piazza del Duca, al civico 4, quello più vicino al PostModernissimo, l’artista è assorto nel suo lavoro e mi saluta guardandomi in tralice, distribuendo l’ultimo paio di pennellate sulla tela prima di appoggiare il suo strumento e venirmi incontro con un sorriso e la mano tesa. «Stavo portando avanti un’opera che mi è stata commissionata. Accomodiamoci», dice, offrendomi una seggiola e un cavalletto da usare a mo’ di appendiabiti.
Il locale fruito da Josè è anche noto col nome di Atelier degli Artisti e accentra il lavoro di altri quattro suoi colleghi che condividono questo spazio con lui. Sono Elisa Canestrelli, Daniele Formica, Valeria Vestrelli e un’altra artista che si firma col nome esotico di Miss Okinawa. Col suo sguardo gentile, i suoi modi pacati e i suoi occhi profondi capaci di metterti immediatamente a tuo agio, il mio interlocutore mi cita i loro nomi e mi accompagna alla scoperta di alcune opere, loro e sue. «Se dovessi definire la corrente pittorica alla quale appartengono i miei quadri, direi che si tratti di arte contemporanea, e più in particolare di arte sociale», sostiene.
Lo scorso luglio Josè Araoz ha vinto il primo premio al Concorso Internazionale d’Arte Contemporanea che ha avuto luogo a Milano. «Io vengo da Buenos Aires, dove mi sono laureato all’Accademia di Belle Arti e ho iniziato a lavorare come insegnante. Ho sempre dipinto e partecipato a mostre e esposizioni. Ci è voluto del tempo prima che mi abituassi a una realtà infinitamente più piccola come quella di Perugia. Tuttavia, col trascorrere degli anni, ho imparato ad apprezzarla molto, a godere di aspetti e cose di cui in una metropoli non avrei potuto avere esperienza.
Un progetto come questo che stiamo portando avanti in questa piccola bottega con l’associazione Fiorivano le Viole può esserne un esempio». Quando ci congediamo e lo ringrazio per il tempo che mi ha concesso, mi dice: «Guardati intorno quando ripercorri la strada del ritorno. Passare per queste vie ora è come attraversare una piccola galleria d’arte, fra i tanti dipinti esposti alle pareti. È così che l’abbiamo pensata. Lo avevi notato?».
Testo di Mattia Giambattista