Le Fiabe Grottesche della Pupazzara
Mariella Carbone tra bidimensionalità e tuttotondoLa Pupazzara ha lavorato lungamente col teatro di strada e di figura, con le compagnie dei burattinai. Questo incontro ha generato la necessità di avvicinarsi al mondo della maschera, di eliminare il corpo per concentrarsi unicamente sul volto: «Nella maschera s’inglobano le mille rappresentazioni del sé in una dimensione multipla, che può essere ludica o misteriosa, del nascondimento o della protezione». Le maschere di Mariella sono dei sembianti molli, sciolti: «Dietro le mie creazioni c’è un lavoro sulla deformazione e sulla materia. Non voglio rappresentare la bellezza, io accentuo i tratti e le forme del volto».
Quest’estate la Pupazzara ha partecipato a una collettiva a Palazzo Trinci, Foligno, per il festival Segni Barocchi. Una mostra, questa, che ha successivamente ampliato a Napoli, nello spazio di Castel dell’Ovo, dove le fiabe di Giambattista Basile si sono incarnate nelle sue illustrazioni, marionette e maschere. «Basile è un letterato del Seicento napoletano, il padre di tutte le fiabe. Ha elaborato la ricchissima tradizione orale di una città portuale, le cui storie provenivano dall’oriente, e le ha rimescolate e trascritte in una lingua colta e dialettale. Le fiabe originali sono molto diverse da quelle che oggi conosciamo, molto spesso sono dark. I suoi racconti grotteschi, cruenti, ironici ed erotici mi hanno affascinato per tutta la vita».
A breve Mariella esporrà al ristorante-galleria Da.Co, a Terni, dove le pupazze e le maschere saranno accompagnate dai suoi disegni acquerellati, i bozzetti dei propri lavori: «Sono diventati un mezzo per raccontare le fasi di creazione delle mie opere. I disegni sono parte di un diario visivo che poi traduco in tre dimensioni. Alcune mostrano maschere mai compiute, ma tutte illustrano delle suggestioni personali, le elaborazioni passate della mia immaginazione».
Mariella è un’arte-terapeuta in formazione e crede molto nella capacità dell’arte di essere adoperata come (e nella) terapia, per canalizzare l’emozionalità degli altri in modo positivo attraverso l’atto creativo, per capire le ragioni profonde di un disagio e curarlo.
In una sua «terza life», Mariella spera di attuare questa sua aspirazione e di organizzare dei laboratori di arte-terapia. Ancora una volta, l’opera di un artista è proiezione del sogno e dell’incubo, ma anche comprensione e cura del sé e dell’altro.
Testo di Ivana Finocchiaro