Mille portieri e una telecamera
I portieri hanno le ore contate, 193 a voler essere precisi. La sera di venerdì 21 novembre, nella splendida cornice della biblioteca di San Matteo degli Armeni, ci siamo ritrovati per fare il punto sulle intense 1.171 ore già vissute. La location è stata scelta dai cittadini di Porta Sant’Angelo, perché «è il salotto buono del rione e gli ospiti importanti si ricevono qui».Il comunicato stampa dava appuntamento alle 18 ma sapevamo bene che non si sarebbe presentato nessuno prima delle 6 e un quarto. Ci sbagliavamo, un’ora prima dell’inizio giravano già persone sorridenti e un po’ tese con torte, salami, bottiglie di vino. Non si trattava di una circostanza formale. Quella che si stava incontrando era una comunità di cittadini orgogliosi di aver riconquistato i propri rioni e determinati a non restituirli all’incuria e al disinteresse. La serata, nonostante la partecipazione di ben tre assessori (Politiche sociali, Associazionismo, Cultura e Turismo), si è vissuta in un clima del tutto informale e intenso. Si viveva la leggerezza di chi, avendo sperimentato e metabolizzato, può restituire percorsi profondi e densi di significato con naturalezza.
Quello che è forse meno visibile ma fortemente percepibile è l’intreccio di persone, competenze e relazioni che in modo sapiente e coordinato hanno reso possibile l’innesco. «Luoghi Comuni» – come SMEC nel suo complesso – è il motore di tutto questo grazie a quel modo itinerante di sviluppare pensiero critico, grazie alla spregiudicatezza linguistica delle sue giovani scrittrici, grazie ai suoi comunicatori sui generis, ma soprattutto grazie ai tanti cittadini che lo fanno vivere ogni mese. Alle 9 della sera ancora crocchi di persone con il prosecco nel bicchiere discutevano di idee e futuro commentando quel timido impegno delle istituzioni a garantire altri tre mesi di progetto.
Da domani servono soluzioni di compartecipazione anche economica di tutti i corpi sociali ma serve soprattutto una scelta strategica chiara da parte delle istituzioni. Serve che credano nella maturità dei propri cittadini attivi e nella possibilità di co-progettare con loro nuove forme di convivenza e utilizzo degli spazi pubblici.
Testo di Max Calesini