Passano i secoli, ma i cantieri a Monteluce fanno sempre discutere. Esattamente 100 anni fa, nell’ottobre 1915, il quartiere perugino, all’epoca periferico, è in pieno trambusto a causa di un’imponente opera di innovazione urbanistica: si costruisce il nuovo ospedale cittadino, destinato a sostituire quello antico di via della Pesceria (oggi via Oberdan), ormai inadeguato alle esigenze di una città di 70mila abitanti.
I lavori sull’antico monastero (XIII secolo) sono iniziati nel settembre del 1910, con un progetto di ristrutturazione da 130mila lire, che prevede un reparto di Medicina, con annesse Pediatria, Dermatologia e Malattie Infettive, e poi la Chirurgia, che include Oculistica e Otorinolaringoiatria, e infine l’Ostetricia. Ma il trasferimento, dal vecchio al nuovo, non si concluderà prima del 1923, vero anno zero della storia dell’ospedale di Monteluce. Seguirà una lunga esperienza di assistenza e cura, che si protrarrà fino al maggio 2009, quando, con la demolizione del primo edificio di quel complesso, già svuotato per il nuovo trasferimento dell’ospedale a San Sisto, si aprirà ufficialmente un nuovo (e discusso) cantiere. Ma questa è storia di un altro secolo.
Torniamo invece indietro, fino all’ottobre 1915. I lavori a Monteluce procedono. Tuttavia, almeno a detta di alcuni, procedono male. Errori, manchevolezze e brutture è il titolo di un articolo molto critico che appare, proprio in quell’ottobre 1915, sulle colonne del «Battaglia», il giornale della Federazione Socialista Umbra (naturalmente sempre molto severo rispetto all’operato delle amministrazioni pubbliche di allora).
«Quello che primariamente e che più importa rilevare – scrive il «Battaglia» – è la scarsa, anzi la scarsissima capacità di coloro che compongono la direzione dei lavori […]. Che noi si sappia, non si sono mai spese (almeno nella nostra città) tante centinaia e migliaia di lire senza ricavarne il benché minimo risultato. Non si è mai vista tanta quantità di forza disordinata, inoperosa, fiaccata dal cattivo andamento dei lavori». E giù accuse, ai periti agrimensori («due sono sotto le armi ma percepiscono comunque lo stipendio di 200 lire al mese!»), al «presunto ingegnere», al guardaboschi «raccomandato dall’on. Gallenga», e a tutti quegli uomini che «disimpegnano nel peggior modo il funzionamento del nuovo ospedale».
Ma è soprattutto lo sperpero di denaro pubblico a far gridare allo scandalo il cronista de la «Battaglia», che si firma con un curioso pseudonimo, “L’Ombra”. Per esempio, quelle «15 o 20 mila lire spese per far le condutture di cemento e di terra ferruginosa, il cui funzionamento è dubbio perché l’intera conduttura poggia su un terreno malfermo». Oppure «le mille o millecinquecento lire date alla cooperativa di Pretola per costruire il muro di cinta al padiglione dei tubercolosi, scaricatosi l’anno scorso per ragioni facili a comprendersi». E addirittura, i soldi per pagare il pittore Menegatti, «per il primo corpo di tinta stesa alle facciate del padiglione destinato alla medicina e poscia ricoperto da un secondo strato, perché non indovinato il colore».
Testo di Fabrizio Ricci