La zattera e le parole
«Shedia» è un giornale di strada che racconta la Grecia sfiancata dalla crisi. Dando lavoro e dignità agli “invisibili” della societàCon imbarazzo ci si rende conto di essere nel 2015 e sembra impossibile che ci sia una luce in fondo a questo buio tunnel. La sensazione che si ha quindi imbattendosi nel lavoro della ong Διογένης (Diogene) è più o meno quella di aver trovato una rosa rigogliosa nel deserto. Dal 2010 questa ong cura una rivista, gestisce una squadra di calcio nazionale di senzatetto che ogni anno partecipa alla Homeless World Cup e organizza una serie di eventi culturali e sportivi ad Atene e in altre città greche. «σχεδία» (Shedia), in italiano “zattera” rappresenta esattamente questo per gli abitanti di Atene: la possibilità di salvezza, un’opportunità per rinascere.
«Shedia» è una rivista sociale, indipendente, di strada. Ciò che la distingue dal resto dei giornali è che non viene venduta in chioschi o magari in allegato a altri organi di stampa; la vendita avviene esclusivamente nelle strade da parte di persone dai venti ai settantasei anni che hanno vissuto sulla loro pelle gli effetti della crisi economica e sociale: senzatetto, disoccupati con poco o nessun tipo di reddito, giovani con problemi di droga e socialmente esclusi. Dal 27 febbraio 2013, giorno dell’uscita del primo numero, «Shedia» attua un processo di riabilitazione sociale.
Dal momento in cui queste persone decidono di diventare venditori, ricevono un “capitale iniziale” di dieci copie della rivista; con il ricavato sono così in grado di acquistare altre copie al 50% del loro valore. Il venditore acquista le riviste a 1,50€ e le vende a 3€; ogni venditore riceve inoltre un cartellino e un giubbotto identificativo da indossare durante la vendita. Per ogni giornale venduto viene rilasciata una ricevuta.
Questo importante processo interviene in due modi fondamentali nella vita delle persone: il primo e più evidente è che così facendo chi non ha niente acquisisce la garanzia di un reddito minimo per soddisfare i bisogni più elementari; il secondo è che grazie a «Shedia» le persone ritrovano la loro dignità perduta, ricevono uno stimolo a ripartire per ricostruire le loro vite. Dalle testimonianze dei venditori si evince l’importanza di avere uno scopo nella vita, di essere socialmente attivi per scrollarsi di dosso il bollino di “invisibile”; che sia in uno dei letti degli alberghi municipali o di una casa, queste persone ogni mattina si alzano e si preparano per andare al lavoro, un’attività attraverso la quale conoscono molta gente, stringono amicizie, creano situazioni di divertimento e allo stesso momento il loro reddito: è da qui che nasce la forza di reagire, si torna a sentirsi parte attiva della società e a percepire la speranza in una vita migliore.
L’avventura di «Shedia», iniziata nel 2013 con dieci venditori, oggi ne conta più di centoquaranta. Il giornale fa parte dell’International Network of Street Papers, rete che conta più di centoventi riviste pubblicate in quaranta Paesi del mondo con un pubblico di circa sei milioni di lettori che ogni giorno si adoperano per realizzare una società più giusta. Da settembre 2014 è partita una nuova importante iniziativa: i Tour di Atene Solidali. Una passeggiata non convenzionale per le strade di Atene guidati da ex senzatetto. Le persone che desiderano lavorare come guide turistiche intraprendono un percorso di formazione teatrale di alcuni mesi volto a migliorare le loro capacità comunicative e relazionali in pubblico. Si tratta di donne e uomini giunti in Grecia da varie parti del mondo con alle spalle dolorose storie di perdite e sconfitte, rinati e formati per accompagnare turisti alla scoperta della città superando anche le barriere linguistiche. Ci si ritrova a camminare insieme nei vicoli con più alto tasso di spaccio di droga, davanti al teatro che ogni anno propone laboratori artistici per i senzatetto, davanti alle strutture municipali di accoglienza, davanti agli ambulatori medici stracolme di vite in coda, davanti alle mense delle associazioni, imbattendosi in insegne di ong che ogni giorno offrono una doccia calda e un caffè a centinaia di persone.
Un’occasione per aprire mente e cuore verso la comprensione dell’altro e riflettere su quanto siano importanti i gesti provenienti dal basso per attuare cambiamenti nella società in cui viviamo, rispondere insieme alle difficoltà che si incontrano nella vita, riscoprirsi più umani tra gli umani. Tutto questo può sembrare un’utopia lontana dalle vicissitudini italiane ma fermandosi un attimo a riflettere ci si rende conto di leggere questa storia tra le pagine del “fratello italiano” di «Shedia», «Luoghi Comuni», e chissà che questo grande desiderio di comunicazione e condivisione non porti a costruire un ponte ateniese-perugino. I Greci direbbero «tha doúme»: si vedrà!
Testo e foto di Francesca Boccabella