Un panino di trippa e storia: Firenze e il lampredotto
Testo di Maria Alessia MantiIn ordine sparso, Firenze è: il Cupolone di Brunelleschi, il David, la Venere di Botticelli, Dante Alighieri, i Guelfi e i Ghibellini, i Medici, le lotte per la libertà, l’artigianato, la moda e… il panino con il lampredotto. In tutte le piazze della città toscana c’è il “banchino del trippaio”. Nei piccoli chioschi su quattro ruote, baluardi di una tradizione popolare conservata nel tempo sotto l’ombra di antichi palazzi e grandi opere d’arte, viene servito quello che, tecnicamente, è l’abomaso, uno dei quattro stomachi del vitello, la parte più compatta e più magra.
La sua anima è la strada ma è molto più di street food che nasce tra le pietre squadrate e lucide nel cuore della città. Questo alimento povero, così apprezzato da fiorentini e non, racconta la storia di Firenze e del suo popolo che per quelle strade è passato e in esse ha vissuto. E se un tempo era solo proteina a buon mercato per chi aveva fame e non poteva permettersi che le interiora per pochi centesimi, oggi la sosta al chiosco per mangiare il panino con il lampredotto è un atto che unisce tutti, senza distinzione di età, ceto, nazionalità. Gli orientali gli estimatori più affezionati. Il panino va mangiato sul posto, tra i discorsi degli avventori, le battute pungenti e la raffinata atmosfera rinascimentale. È così che quotidianamente, in questi “luoghi comuni” dalle pentole fumanti, Firenze si incontra e si confronta con il mondo.