A San Mariano di Corciano da quasi vent’anni opera una realtà d’eccellenza che affianca bambini e ragazzi con la sindrome di Down.
Nell’agosto 2007, a San Mariano di Corciano, sette famiglie i cui figli erano nati con la sindrome di Down si riunivano gli uni a casa degli altri, per cercare un confronto sul loro vissuto, problematiche e non solo. Da queste occasioni di dialogo è sorta l’idea condivisa di attivarsi nel territorio, creando un centro per quelli che, come loro, nutrivano bisogni che l’assistenza sanitaria pubblica non riusciva a soddisfare. Da questa premessa è stata fondata, proprio nel 2007, l’associazione Uno in Più, come spiega la sua presidente, Silvia Boccolacci: “Le sedi in cui i nostri bambini e ragazzi facevano terapia erano vecchie e, diciamolo, intristivano. E anche i programmi offerti erano principalmente improntati a un percorso logopedico e fisioterapeutico, e non a un miglioramento più in senso lato dei pazienti in età evolutiva, come volevamo noi genitori”.
Esporre queste necessità all’amministrazione dell’ex sindaca Nadia Ginetti ha condotto alla cessione in comodato d’uso di una splendida struttura, che negli anni è diventata un centro di riferimento per i giovani con la sindrome e le loro famiglie. Il progetto edilizio è stato rivisto dal marito di Silvia, geometra, che ha modulato gli spazi in maniera vigile rispetto ai bisogni dei bambini e ragazzi, allestendo salette adibite agli incontri con i terapisti e una cucina ben attrezzata, fino alla pittura delle pareti in ottica cromoterapeutica. Col tempo, alle suppellettili concesse dal Comune di Corciano si sono aggiunte delle donazioni libere, tra cui quella di un pianoforte, un biliardino, stampanti e computer.
Agli inizi, le terapie proposte dall’associazione erano principalmente volte allo sviluppo del potenziale di apprendimento e al potenziamento delle abilità cognitive soprattutto grazie al supporto di medici e specialisti volontari. Negli anni successivi, l’équipe che si è strutturata ha abbracciato le metodologie più aggiornate, come il metodo Feuerstein, allargandosi ad ambiti come quello della terapia pet, della musica o della danza-movimento, nonché dividendosi nella cura dei propri pazienti secondo due diverse fasce di età (0-14 e oltre i 14 anni). Uno in Più si è mossa, poi, per avviare corsi di formazione rivolti a genitori e insegnanti, oltre che convegni specifici su aspetti come la sessualità e l’affettività, iniziative fondamentali per incrementare la consapevolezza di coloro che si occupano della formazione dei ragazzi e ragazze con la sindrome di Down.
Atrio dei poeti, ad esempio, è uno dei progetti attualmente condotti da due psicologi affiliati all’associazione, che ogni settimana si incontrano coi giovani adulti per discutere di un argomento complessissimo come quello dell’amore. “Durante queste conversazioni i ragazzi manifestano dei turbamenti non indifferenti, che però sono senza dubbio necessari alla loro crescita. Dotati di registratori vocali e di un diario personale, i partecipanti dovranno alla fine del progetto coniugare le loro riflessioni in una forma poetica”, racconta Silvia. “Mio figlio, che partecipa a questi incontri con grande coinvolgimento, mi ha detto che non si tratta di poesie come quella degli ‘Irti colli’…”, finisce con una risata.
A quasi vent’anni dalla nascita dell’associazione, i bambini che hanno iniziato a essere affiancati sin dal principio e durante tutto il loro percorso di crescita sono ora adulti, con nuove esigenze. “Esigenze – come spiega Fabiola Falchi, presidente di Uno in Più dal 2014 al 2023 – che nascono da loro, ovviamente, e che noi genitori dobbiamo assecondare, come quella di programmare una vacanza in completa autonomia, un’opportunità che abbiamo concretizzato in questi ultimi anni. Noi genitori di adulti con la sindrome, però, lavoriamo soprattutto per facilitare loro l’ingresso a una vita indipendente e felice; ed è un lavoro interminabile. La mobilità autonoma, ad esempio, è un obiettivo arduo da realizzare nella prospettiva della famiglia di un disabile: far sì che un giovane prenda l’autobus da solo per andare a scuola diventa un lavoro che richiede grandi sacrifici, ma che ripagherà di certo nel futuro. Noi del consiglio direttivo lavoriamo con le famiglie dell’associazione, che oggi sono più di cinquanta, anche in questo senso, per far comprendere a tutti e tutte che, se offri a questi giovani un’opportunità, col tempo riusciranno a svolgere compiti in apparenza dalla difficoltà insormontabile”.
Un’iniziativa che Uno in Più vorrebbe promuovere prevede, ad esempio, l’organizzazione di esperienze residenziali che darebbero la possibilità a ragazzi e ragazze di convivere insieme in appartamenti di piccole dimensioni, alla presenza costante di un educatore. Un’occasione unica, per loro, di fuoriuscire dal nucleo famigliare e da abitudini note, e di comprendere come interagire con altri, dovendo però anche cavarsela da soli.
Ma come si manda avanti una fucina di proposte ardite come quella di Uno in Più? Silvia risponde: “Cerchiamo di farci conoscere in ogni modo possibile. A inizio novembre abbiamo organizzato una cena di beneficenza, mentre dal 14 al 16 ottobre abbiamo allestito il nostro stand ad Assisi durante il G7 Inclusione e Disabilità. Ogni anno, poi, ci impegniamo nel creare un calendario che riempiamo con le foto dei nostri bambini e ragazzi, vendendolo poi nei centri commerciali e nei supermercati e ottenendo così un finanziamento parziale per le nostre attività”.
Il calendario del 2024 che Silvia e Fabiola mi regalano alla fine del nostro incontro è a tema Harry Potter. Le fotografie ritraggono lattanti e ragazzi che si destreggiano nell’utilizzo di bacchette magiche, indossando bombette, cappelli a punta e mantelli scuri, o stringendo al petto conigli bianchi e civette. Quella del loro sguardo sorridente è una magia che solo l’impegno e la fatica dei loro genitori può aver reso così spontanea e sincera.