Torino
Torino è responsabilità nella mani e rivoluzione nel petto.
La testa bassa dentro al cappuccio, le mani in tasca e il fumo freddo dalla bocca.
Torino è attesa d’essere altro.
Voglia di fuga e desiderio di ritorno.
Il silenzio chiesto e quello dovuto.
Le parole con lo sconosciuto che già conosci da anni.
La cortesia di non chiedere e la paura di non trovare nessuno che risponda.
Le tue parole d’amore, immortalate sul muro del liceo e il pazzo che ci piscia sotto da vent’anni e tu, che non gli dici nulla, perché il muro è suo e te l’ha solo prestato.
Il profumo delle bancarelle di libri usati, sfogliati per ore e mai comprati, letti in piedi e senza occhiali. Un capitolo al giorno.
Il portico che diventa biblioteca, la fabbrica che diventa museo, il ghetto che diventa casa, il quartiere che diventa mondo.
L’afa d’estate. Il sole a strisce tra le tapparelle, i vecchi che usano il fazzoletto del naso per la fronte, la chiesa aperta per l’ateo che non si può pagare il fresco.
L’asciugamano steso nel parco e l’unica follia che ti concedi. Calpestare l’aiuola.